Intervista a Giancolombo

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Il colpo Bellentani

 

Il colpo della Bellentani andò invece così: "La mattina del 16 settembre 1948, mentre ero ancora nelle braccia di Morfeo una telefonata mi raggiunse a casa svegliandomi

di soprassalto". "Gian corri subito stanno sfasciando l'agenzia" gli urlarono nella cornetta." Che stava succedendo? Erano i redattori e i capiredattori dei giornali che si stampano a Milano, letteralmente impazziti".  

È che a Giancolombo era capitato il colpaccio che succede una volta nella vita: il caso Bellentani. E gli era capitato senza neanche volerlo. Così per caso, perché il destino l'aveva voluto.

 

Nel laboratorio era in corso una furibonda lotta all'ultimo fotogramma. "Oggetto del contendere erano dei negativi. Uno in particolare schizzava di mano in mano". Era quello che valeva una fortuna. L'asta fu aperta a colpi di centomila. "Calma, che diavolo!". Ci voleva della calma. "Quando ebbi zittito quei signori, finalmente mi fu consegnata la negativa. Peccato che era andata distrutta: impronte, graffi e sgualciture" racconta Giancolombo.

A salvare tutto fu il provvido assistente di turno del laboratorio che ne aveva fatta una stampa. Quella era la foto di Pia Bellentani, poco prima che uccidesse a rivoltellate l'industriale e suo amante Carlo Sacchi a

una serata di gala a Como.

 

"Da quella fotografia dipese il mio futuro" di fotografo, naturalmente. "Il settimanale Tempo ne fece la copertina.

Il Corriere Lombardo la pubblicò in grande nella prima pagina, giornali di tutto il mondo me la chiesero. Mi fruttò la più alta cifra che fosse stata mai pagata fino ad allora in Italia per un singolo fotogramma. Fece conoscere il mio nome, mi permise di fare investimenti e di allargarmi". Chi l'avrebbe detto che la foto di una signora di cui non gli importava nulla avrebbe fatto la sua fortuna. E il suo nome. "Io non ci volevo andare alla sfilata di Villa d'Este della Biki" racconta Giancolombo. La Biki era la sarta dell'aristocrazia milanese. Come si faceva a dire di no alla Biki. "La sfilata era fatta in contemporanea con Dior, presentava anche lui dei nuovi modelli. Era una serata importante, non potevo dirle di rivolgersi a qualcun altro".

 

Al centro c'era la passerella, ai lati i tavoli per gli ospiti, e tutt'intorno una splendida sala settencentesca. E naturalmente ovunque tanta bella gente: il barone Rothscild, la principessa d'Alemberg, uno zio di Faruk, che allora era ancora re. E il fior fiore della nobiltà e dell'industria lombarda. La Biki sapeva come si faceva il suo mestiere. "Presi la speedgraphic, tenuta insieme con i cerotti, e cominciai a fotografare le modelle. Andava tutto bene, quando una signora, si avvicinò e mi chiese di fotografare un tavolo". "No signora, che non le faccio la foto - le rispose lui - non sono mica di quelli che vanno di tavolo in tavolo a lasciare bigliettini". Certo, che se ne andò, che gli importava. Anzi a dire il vero era pure un po' offeso. "Ma mica smise quella di insistere".

 

Era finita la serata, e ci si sentiva bene quando una serata come quella finiva. Era l'una di notte e Giancolombo pensava solo ad andarsene. Quando la signora tornò alla carica: "Insomma me la fa o no questa benedetta fotografia?".

"Che vi devo dire? Alla fine la feci: una lastra per fare uno scatto c'era ancora, e una lampadina per il flash pure". Salì sulla passerella e fece la foto al tavolo dei tre sconosciuti.

 

 

 

 

"Arrivederci" e se ne andò. Passò un'ora e una di quelle signore, quella seduta a destra, fece qualcosa che nessuno avrebbe potuto immaginare. Pia Bellentani si alzò, andò al guardaroba e ritirò la pistola calibro nove del marito. Lui se l'era portata perché le precauzioni non sono mai troppe,

e il dopoguerra era felice per pochi. I gioielli e gli ermellini delle belle signore al mercato nero valevano una fortuna. "Fu proprio sotto la stola di ermellino che Pia Bellentani nascose la pistola". Quale più elegante nascondiglio per avvicinarsi al bar e ammazzare il proprio amante, quel

Carlo Sacchi che l'aveva insultata. Sparò un unico colpo e l'uomo divenne pallido, barcollò, gli caddero gli occhiali.

Chi intervenne lo adagiò su un divano. Altri gli si agitarono intorno, ma era tardi. Uno sparo solo ed era morto. Lei poi si puntò la pistola addosso e sparò. Ma c'era un unico proiettile nella calibro 9, ed era già andato a bersaglio.

 

La Bellentani da ragazza faceva Pia Caroselli ed era moglie del conte Lamberto Bellentani, un modenese conosciutissimo per la produzione di carni insaccate. Carlo Sacchi, il morto, era un uomo che si era fatto tutto da sé vendendo seta. "Nessun fotografo era presente. Nessuno si era accorto di nulla. E nessuno all'infuori di me l'aveva fotografata" ricorda Giancolombo. "Enorme fu lo scalpore, incredibile il numero di pubblicazioni sui giornali che fece la foto in tutti i rotocalchi del mondo". Nel 1971 la fotografia del delitto Bellentani è citata ancora una volta dal settimanale Grazia come una delle otto immagini che hanno fatto epoca, una delle più famose degli archivi di cronaca nera.

 

 

 

 

 

L'impresa di Churchill Avanti

 

 

Bibliografia: Le vostre novelle - Settimanale illustrato - 2 luglio 1960; Oggi - Settimanale di politica attualità e cultura - 31 dicembre 1959; Corriere d'Informazione - 24/25 maggio 1962; Il Giornale - quotidiano - 14 novembre 1982